Il Piacenza Rugby, neo promosso in Serie A, si prepara ad affrontare la nuova stagione con un innesto di assoluto livello: l’estremo/apertura Giacomo Biffi.
Biffi, monzese, anno 1994 , estremo/apertura, con un’intensa carriera alle spalle, comincia a praticare il rugby all’età di 4 anni.
“Ho sempre amato lo sport in generale – racconta Giacomo – e da piccolo, all’oratorio, mi dividevo tra judo, calcio e, ovviamente, rugby. Quando poi i miei genitori mi chiesero di fare una scelta, non ho avuto dubbi e questa cadde sul rugby in quanto anche già ai tempi si erano creati forti legami con un gruppo di amici che tuttora frequento.”30 anni di rugby, quando hai capito che sarebbe stato per sempre?
“Per sempre è una parola grande ma anno dopo anno i risultati arrivavano, io mi divertivo, e allacciavo contatti con tante persone interessanti; ho vissuto esperienze importanti, dall’uscire di casa e vivere con altri ragazzi, alla parentesi di due anni all’estero; apprezzo tutto ciò che di positivo mi hanno portato e faccio tesoro degli errori commessi. In generale, vivo un giorno alla volta e quindi tendo a non pensare troppo a lungo termine.”Tra le varie esperienze spiccano anche le tue presenze in diverse Accademie
“Si, a 16 anni sono andato a giocare a Viadana nell’Accademia degli Aironi, sono poi entrato nell’Accademia di Parma della Nazionale ed infine, per mia scelta, ho rifiutato l’ultima convocazione da parte dell’Accademia Tirrenia per fare un’esperienza in Francia, a Clermont. Dopo due anni, sono tornato in Italia ed ho giocato in vari Club, tra i principali il Rovigo e i Medicei.”Come sei riuscito a conciliare la tua vita sportiva con quella professionale?
“Ad un certo punto ho iniziato seriamente ad elaborare pensieri sul post rugby; ho quindi approfittato del fermo dovuto al lungo periodo di emergenza e mi sono iscritto ad un corso di programmazione informatica. Ho scelto quindi di trasferirmi a Piacenza e di conseguenza di accettare la proposta del Rugby Lyons grazie anche al fatto che la loro programmazione prevedeva allenamenti serali che mi consentivano di studiare e poi, successivamente, di iniziare subito a lavorare. Lo scorso anno è cambiata la richiesta di impegno da parte della società e dei nuovi tecnici, e, complice anche il mio forte desiderio di sviluppare miei progetti lavorativi, ho dato la mia disponibilità per un anno ancora ma poi ho ritenuto che i due aspetti non fossero conciliabili. Ho infatti rifiutato anche altre offerte, anche in eccellenza, sia perché a trent’anni non ho voglia di spostarmi e ricominciare ancora tutto da capo, sia perché nei quattro anni trascorsi a Piacenza mi sono trovato bene, ho conosciuto tante persone, sia fuori che dentro al campo da rugby, e ho scelto quindi di rimanere.”Come sei approdato al Piacenza Rugby?
“Seguivo le partite del Piacenza Rugby anche grazie a alcuni miei ex compagni di squadra come Lekic, Rapone e Cornelli che militano tuttora tra le fila biancorosse, e quando mi sono confrontato con il mio procuratore, ho ritenuto che la proposta del Piacenza Rugby sarebbe stata la soluzione ideale in quanto mi avrebbe permesso di fare quello che più mi piace, di divertirmi, di impegnarmi seriamente ma sicuramente anche con un carico di lavoro inferiore rispetto a quello richiesto dall’eccellenza.”Qualche impressione dopo questo primo mese di allenamento?
I ragazzi mi hanno decisamente fatto una buona impressione, tutti gentili e ben disposti; siamo in tanti e non ho ancora avuto modo di conoscerli tutti ma sicuramente l’ambiente è ottimo, i campi sono curati e anche la club house è molto accogliente; ritengo che avere a disposizione uno spazio per ritrovarsi prima o dopo gli allenamenti e le partite per stare insieme sia sicuramente un valore aggiunto.E per quanto riguarda lo staff tecnico?
“A parte il preparatore atletico Giorgio Bertoglio con cui ho collaborato un paio d’anni, non conoscevo nessuno dello staff allenatori. Ai colloqui individuali, prima che iniziassero gli allenamenti, è seguita una riunione con tutta la squadra e lo staff incentrata sulla presentazione della programmazione di giorni e orari, dei metodi di gioco e degli obiettivi. Ritengo che sia un buon punto di partenza, ora non rimane che lavorare per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti.”Nel tuo bagaglio c’è anche un’importante esperienza all’estero, c’è una lezione da parte di un allenatore che ricordi in particolare?
“Più che da un allenatore ho avuto una grande lezione da un Club! In Francia era consuetudine che l’ultimo che entrava in una stanza, o andava in cucina, o in qualsiasi zona del club, prima di tutto salutava ad uno ad uno tutti i presenti. Capitava spesso di essere con i tuoi compagni di 18/20 anni e ti vedevi arrivare giocatori della Top 14 della nazionale francese, giocatori che magari avevano 30 caps in nazionale e giocavano contro gli All Blacks e che ti venivano a stringere la mano. Lo stesso però valeva anche per te e questa sensazione è una cosa che mi porto dentro ancora oggi ed è un atteggiamento che ho adottato e che mi viene assolutamente spontaneo.”Arrivi in un Piacenza Rugby neo-promosso in serie A, cosa ti aspetti e che obiettivi ti poni per la prossima stagione?
“Rispetto alla prossima stagione sicuramente quello che mi aspetto è di divertirmi, di mettermi in gioco e dare il più possibile il mio contributo a una squadra che si è meritata questa possibilità di competere. Sono sincero, non conosco ancora bene le altre squadre ed il livello dei giocatori del girone, sicuramente dobbiamo cercare di fare quello che ci viene chiesto durante gli allenamenti avere una struttura e cercare di rispettare i piani di gioco, ovviamente divertendosi! Se ci sarà qualcosa da aggiustare col lavoro lo sistemeremo, Sarebbe bello vincere due campionati di fila, perché no? L’anno scorso questi ragazzi le hanno vinte tutte e ciò dimostra il fatto che hanno tutto il diritto di stare in questo campionato, partiamo da zero poi vediamo cosa succede.”C’è un’esperienza che in particolare ha lasciato il segno nella tua vita rugbistica?
“Sicuramente l’esperienza in Francia è stata molto stimolante in quanto c’erano ragazzi da tutto il mondo, Australia, Sudafrica, Fiji, quindi confrontarsi con tanti ragazzi che hanno tutti lo stesso obiettivo è davvero incredibile. Ai tempi delle giovanili ricordo l’entusiasmo dei tour con la Nazionale U18, la partecipazione al Quattro Nazioni con amici di sempre. A livello di Club, indimenticabile la finale scudetto che ho giocato con la maglia del Rovigo, ahimè persa con Calvisano; è stata comunque un’emozione fortissima, grazie anche alle tifoserie di entrambi i Club. Da piccolo, infine, con l’Accademia di Viadana ho avuto il privilegio di partecipare ad un tour di tre settimane in Sudafrica, esperienza indimenticabile!”Quanto conta il talento e quanto il carattere per il raggiungimento dei propri obiettivi?
“Fino ad un certo punto vanno di pari passo, poi un atleta può avere talento ma se non ha un carattere forte rischia di rimanere quasi bloccato e di non riuscire a mettersi in gioco, a farsi valere e a combattere per i propri valori e i propri meriti. Per quanto mi riguarda, ci sono stati casi in cui sicuramente avrei dovuto combattere di più ma a volte è difficile perché quando arrivi in squadre nuove, anche titolate, devi prima capire come funziona cercando sempre di rispettare il gruppo squadra. Secondo me bisogna sempre spingere il più possibile e se non si riesce ad emergere in una squadra non è un problema, ci saranno sicuramente altre occasioni. Determinante è anche il lavoro costante, perché a parità di talento, un atleta che continua a lavorare e a migliorarsi ha più possibilità di tenere il passo di un rugby che è in continua evoluzione. Il talento può essere la base ma il carattere ed il lavoro pagano sempre!”
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